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Tasse crypto e Bitcoin nel mondo: ECCO dove si paga MENO! #finsubito prestito immediato


L’Italia anti-crypto

Un aumento del 61% in un solo anno fiscale. È quello che si desume dal disegno di legge di bilancio 2025 discusso nei giorni scorsi al Consiglio dei Ministri e ora in Parlamento, per un’operazione che ha scosso l’intera community crypto italiana portando l’aliquota sulle plusvalenze dall’attività in criptovalute dal 26% a 42%.

La nuova tassa è, di fatto, la più alta al mondo. E le conseguenze sono facili da immaginare. Gli investitori potrebbero finire per utilizzare piattaforme no-kyc e non dichiarare in numero ancora maggiore di quanto non accada già ora. E quelli che pure avevano le migliori intenzioni potrebbero essere indotti a migrare i propri capitali all’estero, modificando la residenza fiscale e provocando, quindi, un gettito fiscale addirittura minore di quello preventivato dal governo.

A maggior ragione se condizioni molto più favorevoli vengono offerte da giurisdizioni dietro l’angolo, che quindi non costringono gli investitori a trasferirsi nelle Isole Cayman o in Malesia.

Di fatto, condizioni migliori di quelle che si prospettano in Italia si trovano in ogni parte d’Europa, come svela Protos.

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Una panoramica sulla tassazione europea

In Germania l’aliquota potrebbe sembrare più alta di quella italiana (45%), ma ci sono pochi semplici criteri da rispettare per ottenere aliquote più basse o addirittura nulle. I profitti realizzati a oltre un anno dall’acquisto, per esempio, sono tassati allo 0%.

In Francia l’aliquota sulle plusvalenze per trader “occasionali” (ovvero chi non lo fa di professione) è del 30%, mentre in Spagna si spinge massimo fino al 26%. In Austria la tassa sulle crypto è del 27,5%, e riguarda diverse operazioni (non solo la vendita, ma la spesa, in certi casi).

Più a nord, in Finlandia, l’aliquota sui gain varia dal 30% al 34%, mentre in Polonia è in vigore una flat-tax del 19%. In UK, fuori dall’Ue ma sempre in zona euro, i profitti sono tassati dal 10% al 20%.

In Svizzera, Slovenia (in molti casi) e Malta un passo dall’Italia, le imposte sulle crypto non le hanno nemmeno. Per evitare di pagare le tasse non servirebbe quindi prendere un aereo e trasferirsi in Bielorussia, a Hong Kong, a Singapore o negli Emirati Arabi Uniti, ma semplicemente spostarsi di qualche chilometro passando per lo Spluga o per la Valle d’Isonzo. Del resto, solo gli Stati Uniti tassano i ovunque risiedano, a meno che rinuncino alla loro cittadinanza.

Senza contare, poi, che i paesi che non impongono alcuna tassa su questi asset lo fanno appositamente per attirare i capitali degli imprenditori, scommettendo sullo sviluppo di una tecnologia emergente e potenzialmente impattante dal punto di vista sociale (a partire dai posti di lavoro creati).

La media europea risulta essere intorno al 15%-20%. Già ora quindi, la tassa italiana sulle crypto sarebbe al di sopra di essa, per un primato vero e proprio raggiungibile con l’approvazione del ddl di bilancio 2025.

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