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A Bolzano, una delle città italiane con il più alto costo della vita, la questione degli affitti sta assumendo toni sempre più preoccupanti. L’email che abbiamo preso in esame ne è un chiaro esempio: per affittare un immobile si richiedono garanzie così rigide da escludere una buona parte della popolazione locale. Tra le condizioni imposte, non basta più avere un lavoro fisso, ma è necessario dimostrare un reddito netto pari al doppio del canone d’affitto. Questo pone enormi difficoltà a chi, pur avendo un contratto a tempo indeterminato, non raggiunge certe soglie retributive.
Per chi cerca casa a Bolzano, le barriere sono molte: oltre a un reddito minimo di 1.700 euro al mese, si escludono in partenza persone che hanno animali, sono fumatori, o che potrebbero avere bisogno di sostegni economici locali, come aiuti dalla provincia. Si scoraggiano anche nuclei familiari più ampi, suggerendo implicitamente che le famiglie non siano benvenute, soprattutto quelle che potrebbero vivere un ricongiungimento familiare.
Questo tipo di restrizioni pone interrogativi su chi abbia effettivamente accesso al mercato immobiliare e chi, invece, viene sistematicamente escluso. È chiaro che Bolzano, con i suoi salari non sempre adeguati al costo della vita, crea un mercato immobiliare riservato a una ristretta élite, aumentando le disuguaglianze sociali e spingendo chi non riesce a soddisfare questi requisiti a cercare soluzioni fuori città o a vivere in condizioni di precarietà abitativa.
Le richieste di tre mensilità di deposito cauzionale, un canone anticipato, e le spese di agenzia, rappresentano un ulteriore ostacolo finanziario per chi cerca casa. Si richiede spesso a una persona di avere accesso immediato a somme importanti di denaro, in un contesto in cui i risparmi per molti sono già limitati. Il rischio è che si rafforzi una logica di esclusione sociale e discriminazione basata non solo sul reddito, ma anche sullo stile di vita.
Infine, il contratto offerto, seppure regolato da cedolare secca, impone un preavviso di sei mesi per disdire l’affitto, lasciando poco margine di flessibilità in un mercato del lavoro sempre più mutevole. Questa rigidità non tiene conto di eventuali cambiamenti improvvisi nella vita delle persone, come la perdita del lavoro o trasferimenti necessari.
La realtà degli affitti a Bolzano, quindi, richiede una riflessione più ampia: si tratta solo di proteggere i proprietari da rischi finanziari o di imporre criteri che finiscono per discriminare una parte significativa della popolazione? È una città in cui si potrà ancora aspirare a vivere, o i suoi stessi abitanti verranno costretti a cercare altrove una casa che possano permettersi?
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